L’altro giorno, tornando da una trasferta di lavoro, mi è capitato di passare per paesini abbarbicati tra le montagne e come sospesi in un non-tempo. Uno di questi mi ha colpito particolarmente per le tante case abbandonate a se stesse, i molti negozi e spazi chiusi ed impolverati, le numerose insegne spente e malandate. Tutto dove cadeva l’occhio pareva senza vita, di una malinconia inconsolabile. Poi, d’improvviso, la svolta. Tra la nebbia ed il buio, un lampione acceso. E non un lampione qualsiasi dallo stile trasandato, come ci si potrebbe aspettare in cotanto contesto. No, in mezzo allo squallore ed all’abbandono, si stagliava lui, lampione dalla nobile forgiatura, elegante nel suo lungo stelo, vezzoso nei suoi garbati riccioli e fiero nella sua luce moderata ma ferma e capace di svolgere appieno il suo ruolo. Evidente intervento di arredo urbano recente, il lampione in questione segnava l’inizio di un percorso di luci in cui il buio e la tristezza del luogo venivano interrotti dalla regolarità del loro susseguirsi e nobilitati dalla loro presenza. Allora, d’improvviso, l’illuminazione: è proprio vero che non serve ostentare potenza di watt per cambiare il volto a ciò che ci circonda. In mezzo al buio pesto, basta poca luce per fare la differenza. Ed è quello che serve fare in questo tempo, Oranti: in mezzo al buio dell’odio e della divisione, al dolore dell’ingiustizia umana che pare inarrestabile, essere come quei nobili lampioni: essere luce. Non servono discorsi e proclami. Serve la forza della preghiera del cuore che illumina le coscienze e le menti e libera dalla morsa del buio della paura che paralizza e rende sterili e apatici. Serve il coraggio di mettersi in ascolto del tanto dolore che vediamo, senza distinzioni di sorta, e accoglierlo in tutto il suo dirompente impatto per farsi interrogare e fecondare così da trovare vie di cura e di accoglienza nuove. Ce lo siamo già detti: non è più tempo di cristianesimo da sofà, quello che vive di rendite di posizione o privilegi acquisiti senza sporcarsi le mani, senza mettersi in gioco per paura di andare contro il mondo. Serve il cristianesimo dei primi tempi, quello coraggioso, capace di sfidare realtà difficili come quelle in cui viviamo e fare scelte forti. Qualche giorno fa, sono venuti a trovarmi in studio una ventina di ragazzi e ragazze con disturbi psichiatrici accompagnati dai loro educatori. Al termine della visita, Stefania, una delle ragazze del gruppo, mi dice: <<Io scrivo poesie, Mariachiara. Mi vengono di getto. Essere qui oggi è stato per me talmente bello che vorrei scrivere una poesia>> . La poesia che Stefania ha scritto, tutta talmente bella che lascia senza fiato, termina così: <<ricorda che la ricchezza è dentro il cuore – che si può trasformare – con delle semplici premure>>. Stefania non lo sa ma la sua poesia è come una preghiera potentissima, come un nobile lampione che illumina anche gli spazi più desolati. Grazie, Stefania, per esserti fatta luce. Amen
1 Commenti
Mauro
Grazie Maria Chiara !
15 February 2022e grazie a Stefania, lampione nobile in questo nostro tempo