In questi giorni, in cui si può nuovamente circolare con maggior libertà, mi è successo di finire in mezzo a campi di grano, piattissimi, giallissimi, con spighe che, a seconda del senso del vento, si chinavano di qua o di là con dolcezza. Non di rado, in mezzo alle distese gialle, all’improvviso, un’edicola bianca a spezzare la continuità del tutto, a rompere l’omogeneità del panorama, a ricordare che non siamo solo carne. Nel vederle, ho provato nostalgia, lo confesso. Nostalgia per un mondo che sapeva coniugare lavoro e preghiera con naturalezza, che sapeva agganciare alla dura fatica del lavoro dei campi, l’eterea bellezza del Cielo, che sapeva riconoscere il limite della propria natura e chiedere aiuto, consiglio, protezione e non mancava di darne segno evidente, con mattoni e calce, in mezzo al nulla. E quella santa abitudine di quegli uomini e donne, reiterata nei secoli e a tutte le nostre latitudini, è arrivata fino a noi come memoria ma anche come monito. Quante edicole, oggi, abbiamo costruito materialmente, noi, nei nostri spazi di lavoro? Quanto spazio ritagliamo a Dio nel nostro quotidiano lavorare? E, poi, ancora: siamo capaci di spezzare l’omogeneità del panorama di pensiero nella società civile di cui facciamo parte, ergendoci a difesa dei piccoli, della verità di fede che professiamo, dei valori non negoziabili in cui ci dovremmo riconoscere come cristiani? In tempi come quelli che stiamo vivendo, ci sono poche edicole capaci di spezzare il conformismo, capaci di essere esperienza di santa rottura con quello che ci viene proposto dalla cultura dominante. Se non ci facciamo edicola noi che siamo figli della Speranza, chi dovrebbe farlo? Se non ci mettiamo in mezzo noi, figli di Chi è andato fino alla fine per andare oltre la fine, per interrompere il flusso della paura, della diffidenza, della corruzione, dell’avidità, della menzogna per bloccare i danni nei cuori e nella carne delle persone, chi dovrebbe farlo? Nel pensiero di Dio, siamo stati pensati per QUESTO momento storico e ciò vuol dire che ciò che possiamo fare noi non possiamo lasciarlo ad altri. Perché unico è il contributo che possiamo dare come unico è ciascuno di noi. Questa è la grandezza della vita che ci è stata donata: ci è stata donata per fare la differenza. Costi per quel che costi. Siamo edicole di Dio ovunque ci troviamo e qualsiasi sia la nostra condizione. E come edicole siamo così belle, così straordinarie perché è lo Spirito che ci abita. Di cosa avere paura, allora? Noi, come cristiani, non possiamo avere paura, non possiamo essere vittima della paura di chi non ha incontrato Gesù Risorto. Noi non siamo la nostra paura perché Lui abita in noi e noi in Lui e la paura non trova dimora in questo spazio di profonda unione. E questa, se vogliamo, è l’esperienza di santa rottura del paradigma oggi imperante che vorrebbe, invece, fare della paura la nostra (falsa) custode. Di custode, vero, noi, abbiamo l’Angelo. Ed è pure assegnato ad hoc per ciascuno di noi. Di cosa avere paura, allora? Chiediamogli particolare vicinanza, di questi tempi. E avanti tutta a essere esperienze di santa rottura della paura. Amen.
2 Commenti
Elena Martire
Grazie come sempre per la piccola di IO! Concordo, preghiamo quotidianamente i nostri angeli.. mettiamo da parte la paura e impegniamoci a non essere cristiani timidi.. nonostante questo non sia un compito semplice. Ma è il Signore che ce lo chiede! Avanti tutta cari fratelli!!!!
8 June 2020Mary
Grazie Maria Chiara, un messaggio fortissimo!! Edicole ambulanti lo siamo tutti, solo che non abbiamo il coraggio di aprirci agli altri....eppure ogni volta che incrocio sul mio cammino in montagna le edicole dei secoli scorsi sosto volentieri per una preghiera e per prendermi il tempo di ammirare il panorama e ringraziare il Signore per ciò che vedo....spero rivedervi presto.
8 June 2020