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Tra il fare e l’offrire

22 September 2025 - Fare bene, Futuro, Offrire, Spe Salvi, Speranza -

Dopo ogni estate, ricomincia il nostro cammino insieme con il S. Rosario online del lunedì e le pillole mensili. Come tante volte avete letto, la prima pillola dopo la pausa estiva, così come la prima pillola di ogni inizio anno, gioca sempre un ruolo speciale nel tracciare il cammino che ci apprestiamo a ricominciare. In questi giorni, meditando sull’argomento, più volte mi veniva in mente il richiamo dell’affidarsi a/del fidarsi di Dio. Oggi, volendo rompere gli indugi scrivendo la nuova pillola, ho voluto chiedere aiuto a Papa Benedetto XVI attraverso la Sua <<Spe Salvi>>, enciclica che stiamo leggendo da inizio anno tutti i lunedì dopo il S. Rosario. E, allora, sono due i passaggi che vorrei riprendere perché, credo, particolarmente calzanti per i tempi in cui stiamo vivendo, i paragrafi 35 e 40. Il paragrafo 35 andrebbe scolpito su pietra o riscritto sul muro del nostro ufficio, della nostra officina, del nostro negozio, insomma… andrebbe imparato a memoria. Ve lo riporto qui, mettendo in evidenza gli stralci più densi e significativi:
35. Ogni agire serio e retto dell’uomo è speranza in atto. Lo è innanzitutto nel senso che cerchiamo così di portare avanti le nostre speranze, più piccole o più grandi: risolvere questo o quell’altro compito che per l’ulteriore cammino della nostra vita è importante; col nostro impegno dare un contributo affinché il mondo diventi un po’ più luminoso e umano e così si aprano anche le porte verso il futuro. Ma l’impegno quotidiano per la prosecuzione della nostra vita e per il futuro dell’insieme ci stanca o si muta in fanatismo, se non ci illumina la luce di quella grande speranza che non può essere distrutta neppure da insuccessi nel piccolo e dal fallimento in vicende di portata storica. Se non possiamo sperare più di quanto è effettivamente raggiungibile di volta in volta e di quanto di sperabile le autorità politiche ed economiche ci offrono, la nostra vita si riduce ben presto ad essere priva di speranza. È importante sapere: io posso sempre ancora sperare, anche se per la mia vita o per il momento storico che sto vivendo apparentemente non ho più niente da sperare. Solo la grande speranza-certezza che, nonostante tutti i fallimenti, la mia vita personale e la storia nel suo insieme sono custodite nel potere indistruttibile dell’Amore e, grazie ad esso, hanno per esso un senso e un’importanza, solo una tale speranza può in quel caso dare ancora il coraggio di operare e di proseguire. Certo, non possiamo « costruire » il regno di Dio con le nostre forze – ciò che costruiamo rimane sempre regno dell’uomo con tutti i limiti che sono propri della natura umana. Il regno di Dio è un dono, e proprio per questo è grande e bello e costituisce la risposta alla speranza. E non possiamo – per usare la terminologia classica – « meritare » il cielo con le nostre opere. Esso è sempre più di quello che meritiamo, così come l’essere amati non è mai una cosa « meritata », ma sempre un dono. Tuttavia, con tutta la nostra consapevolezza del « plusvalore » del cielo, rimane anche sempre vero che il nostro agire non è indifferente davanti a Dio e quindi non è neppure indifferente per lo svolgimento della storia>>
Queste parole sono ossigeno potentissimo per l’anima perché ci dicono una cosa molto semplice: quando agiamo in modo retto, ovvero conforme all’Amore di Dio, stiamo dando un contributo straordinario per l’affermazione del bene nella storia umana, a prescindere dai risultati. Dio, a differenza degli uomini, non misura il risultato ma guarda all’impegno. La visione di Dio non è secondo il parametro della perfomance ma dell’amore. A Dio piace che ci diamo da fare per il bene perché è imitare ciò che Lui stesso ha fatto a partire dalla Creazione. Ma se è vero quanto è vero che per Dio non sono importanti i risultati quanto il darsi da fare per il bene, è fondamentale tenere a mente che, soprattutto oggi, vale la pena spendersi in tal senso, oggi proprio nel momento storico in cui viviamo ed in cui tutto pare crollare intorno od essere fortemente minato dalla tenebra. Oggi è il momento migliore per darsi da fare per il bene perché è il tempo che ci è stato dato da sempre ed è l’unico che abbiamo a disposizione. Non possiamo farci attanagliare dalla paura o, peggio, dalla sfiducia “solo” perché vediamo ciò che vediamo attorno a noi o poco distante da noi. Come è vero che il male non si vince con il male, non si vince nemmeno con la paralisi ma con il fare maggior bene. Facciamolo nostro, questo insegnamento. Ricordiamocelo a vicenda, giornalmente.
E, adesso, veniamo al paragrafo 40:
40. Vorrei aggiungere ancora una piccola annotazione non del tutto irrilevante per le vicende di ogni giorno. Faceva parte di una forma di devozione, oggi forse meno praticata, ma non molto tempo fa ancora assai diffusa, il pensiero di poter « offrire » le piccole fatiche del quotidiano, che ci colpiscono sempre di nuovo come punzecchiature più o meno fastidiose, conferendo così ad esse un senso. In questa devozione c’erano senz’altro cose esagerate e forse anche malsane, ma bisogna domandarsi se non vi era contenuto in qualche modo qualcosa di essenziale che potrebbe essere di aiuto. Che cosa vuol dire « offrire »? Queste persone erano convinte di poter inserire nel grande com-patire di Cristo le loro piccole fatiche, che entravano così a far parte in qualche modo del tesoro di compassione di cui il genere umano ha bisogno. In questa maniera anche le piccole seccature del quotidiano potrebbero acquistare un senso e contribuire all’economia del bene, dell’amore tra gli uomini. Forse dovremmo davvero chiederci se una tale cosa non potrebbe ridiventare una prospettiva sensata anche per noi.
Questo passaggio ci dice una cosa molto utile, in questo tempo di fatica: anche nell’economia di Dio, nulla è spreco, nulla deve essere lasciato al caso o non valorizzato. Ma c’è una differenza: la logica che guida Dio non è il massimo profitto (come il modello economico che ci sta schiacciando) ma il massimo livello di com-passione. Offrire a Dio, ogni secondo che viviamo, le nostre paure, sofferenze fisiche, materiali e spirituali (sono tantissime, lo so!), i nostri impedimenti e le nostre frustrazioni è compartecipare la nostra storia con Lui, è vivere la nostra storia e farla diventare Sua. Dopo il fare bene, l’offrire è la via per uscire fortificati da un tempo che pare stritolarci. Qualche giorno fa, un frate che vive in Libano con cui sono in contatto, mi diceva che è il tempo delle tenebre, quello che stiamo vivendo. Ma se la nostra storia diventa storia offerta a Dio, noi siamo al sicuro, qualsiasi cosa succeda.
Ecco, dunque, la nostra preghiera: Signore, insegnaci a fare bene e a offrire il nostro oggi, tutto intero. E confermaci nelle fede affinché siamo capaci di guardare con fiducia al futuro così da non stancarci di essere <<speranza in atto>>. Lo dobbiamo a noi stessi, ai nostri figli, nipoti, colleghi e a tutti quelli che non sperano più. Amen!

 

 

 

2 Commenti
  • TaniaReply

    Oh, che bella questa pillola. Pensa che è da un paio di mesi che sto imparando ad offrire tutto quello che mi succede, soprattutto le fatiche, i peccati, i limiti ma anche le gioie... Insomma quello che sono.. e mi piace molto offrirlo durante la Messa. Non sempre, però, offro... Ci sono giorni che mi tengo i "pesi" per me... Ma sto sperimentando che permettere a Dio di portare insieme i pesi e le fatiche del quotidiano, è leggero e anche liberatorio. Grazie per questa perla. Un abbraccio a te e a tutti i viandanti che passano qui

    22 September 2025
  • MariachiaraReply

    Tania, che meraviglia! Dio ti benedica in ogni momento. Sursum corda semper!

    22 September 2025

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