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Ripartire dal nido

11 January 2018 - Senza categoria -

Quello che mi piace della stagione fredda è la sua meravigliosa arte di mettere a nudo le cose che ci stanno intorno. E’ la maestra del minimalismo naturale e, in questa sua azione, è anche una gran maestra di vita. Tra le sue azioni, quella che per me ha la potenza di una lectio magistralis, è la sfogliazione degli alberi. Puoi essere la più imponente quercia del bosco o il più elegante pioppo del viale ma lei, con i suoi alfieri, messer Autunno e messer Inverno, senza alcun riguardo di rango, arriva e ti (ri)porta alla tua più essenziale, intima natura: il legno. E qui, alcune volte, tra l’intreccio di rami e ramicciuoli, mi raggiunge la seconda lectio magistralis: i nidi d’uccello. In mezzo al legno più desolato, il nido è lì con tutta la meravigliosa poesia che rappresenta, con tutta la potenza metaforica che comunica. Il nido, quando ben costruito, è quell’opera d’arte capace di stare in punta ad un albero senza temere tempeste di alcun genere. Mi sono chiesta questa mattina, vedendone un paio in posizioni davvero ardite e tuttavia ben saldi al loro posto, se, nell’intricata complessità del mondo e dell’economia che ci circonda, possiamo essere come quei nidi, resistenti alle intemperie dei tempi che stiamo vivendo per dare speranza a chi ci osserva anche solo per un attimo. La risposta è sì. E credo che una parte importante della resistenza del nido che possiamo essere dipenda da quanto siamo capaci di essere adulti che scelgono di stare dal lato giusto della vita, anche quando costa in termini di scelte e aspirazioni personali. Quando il nido è pieno di piccoli in crescita, ad esempio, la presenza dedicata, ordinata e amorevole di una figura parentale – nello specifico un ruolo determinante ce l’ha la mamma – è fondamentale e insostituibile. Il canto della sirena che per anni ci ha sedotto con il mantra “non è la quantità del tempo che si passa insieme ma è la qualità” ha fatto più vittime che vincitori. Ci abbiamo creduto tutti, per anni, anche contro il buon senso e l’insegnamento dei nostri anziani e della più sana tradizione italiana. Oggi possiamo misurarne i risultati e dobbiamo candidamente ammettere che è stato un grande inganno. Per tutte le parti coinvolte. Non abbiamo creduto abbastanza nella potenza del nido presidiato e ci siamo fatti attrarre dal luccichío del successo e dell’affermazione professionale, quasi fossero lo scopo ultimo dell’esistenza, procurandoci, così, pesantissimi sensi di colpa e fratture interiori profonde per la difficoltà a trovare una conciliazione sensata tra la dimensione personale/famigliare e quella professionale. Travolti dalla propaganda di un certo pensiero, poco per volta abbiamo distolto lo sguardo e il tempo dal nido e dalle sue dinamiche preziose per dedicarli ad un modello lavorativo ed economico che, inizialmente, attraente e benevolo, si è rivelato, col tempo, un rapace predatore che mai si accontenta. Che fare, adesso? Guardare in faccia la realtà che ci circonda con la solitudine di tanti giovani vittime dell’abbandono del nido e decidere di tornare a presidiare il nido e, cioè, rimettere al centro dell’attenzione e delle nostre priorità la persona e la famiglia, nelle scelte personali come in quelle professionali. Il che significa che se sono un imprenditore, mi sforzerò di mettere energia e pensiero laterale nell’individuazione di proposte/soluzioni lavorative che capovolgano il paradigma secondo cui la maternità è un peso aziendale, ad es. Le donne che sono in attesa hanno un livello di creatività decisamente potenziato, rispetto alle condizioni normali, e possono essere, pertanto, una meravigliosa risorsa da valorizzare in tal senso. Se sono un amministratore ed ho la responsabilità di guida di una realtà locale, piccola o grande che sia, “presidiare il nido” è soprattutto lavorare per favorire politiche per lo sviluppo di attività che generino attaccamento al proprio territorio contrastando così l’emorragia verso lidi lontani, avendo il coraggio di scelte coraggiose. Se sono un educatore, “presidiare il nido” vuol dire aiutare i ragazzi ad avere fiducia nel futuro, anche qui in Italia, alimentandone la speranza privilegiando sempre, pur nella difficoltà del momento, il lato positivo della realtà sperimentata. Se sono un disoccupato, “presidiare il nido” è non abbandonarsi alla disperazione, è cercare tutti gli agganci che possono aiutarmi a non perdere la speranza di una possibilità altra. Se sono un operatore finanziario, “presidiare il nido” vuol dire non prestarsi alla vendita di prodotti inquinati e dannosi per la comunità. Se sono un funzionario pubblico, “preservare il nido” è servire la trasparenza, promuovere iniziative di sostegno alla cooperazione positiva del cittadino, contrastando, con azioni correttive le vessazioni insite al sistema, là dove esistono. E, in ultimo, se sono cristiano, “presidiare il nido” è avere occhi che osservano e non si voltano per lasciare che cuore, testa e mani che si mettano al servizio dello Spirito per operare con coraggio.
Ripartiamo dal nido, oranti. Buon anno!

2 Commenti
  • MauroReply

    Grazie Maria Chiara, sono sempre molto incisive le tue metafore; dovremmo imparare dagli uccelli. Ad ogni stagione loro ritornano ai loro nidi, li sistemano, li riaggiustano un pò e son pronti ad accogliere una nuova stagione di vita. I nidi degli uomini invece, una volta abbandonati per lunghi anni, cadono in rovina. Difficilmente si trova chi li risistema.
    Decisamente sono d'accordo che è meglio "presidiarli" fin tanto chè abbiano svolto fino in fondo il loro compito.
    Buona giornata

    12 January 2018
  • Mary BBReply

    Bellissimo paragone Mariachiara!!
    E' vero si deve tornare ai valori importanti che erano la barra dei nostri nonni e bisnonni; imparare a "scremare" per trovare l'essenza e formare i componenti dei "nostri nidi".
    Un'ottima opportunità sono i PerCorsiUcid 2018 organizzati da UCID Torino e ENGIM che iniziano il 19 gennaio e per 6 venerdì pomeriggio sino a Marzo saranno dedicati a ELEMENTI DI ETICA D'IMPRESA. Incontri per imprenditori, managers, liberi professionisti e laureandi che vogliano approfondire queste tematiche ispirate dalla Dottrina Sociale della Chiesa applicate alla realtà quotidiana di ognuno di noi.
    Per chi volesse maggiori informazioni https://www.ucidtorino.it/portfolio-view/percorsi-ucid-torino-2018/
    Voglio condividere con voi questa domanda di Papa Francesco (dalla predica di stamattina in Santa Marta): "Ma quando preghiamo lo facciamo come «pappagalli», senza «interesse» verso quello che chiediamo, o supplichiamo il Signore di «aiutare la nostra poca fede» anche davanti alle difficoltà? " e ha aggiunto: "Ci vuole coraggio «per lottare per arrivare al Signore»; coraggio «per avere fede»; coraggio per avvicinarsi a Dio «quando ci sono delle difficoltà». Tante volte ci vuole anche pazienza per saper aspettare i tempi, senza però «mollare» ma «andando sempre avanti». La preghiera cristiana nasce dalla fede in Gesù e va sempre con la fede oltre le difficoltà". E dunque PREGHIAMO senza mollare!!

    12 January 2018

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